Un Borgo autentico ricco di Storia
Bosa è una graziosa cittadina in provincia di Oristano che si affaccia sul fiume Temo,
dominata da un castello medioevale e stretta sulle pendici del colle di Serravalle.
Quello che caratterizza di più questa variopinta cittadina è il suo quartiere storico sa Costa,
un saliscendi di viuzze sulle quali si affacciano abitazioni tinteggiate con colori pastello,
ornate da fiori colorati e da bellissimi portoncini storici incorniciati dalla trachite rossa.

Un viaggio nel tempo
Bosa vanta una storia antichissima.
Le sue origini risalgono addirittura al periodo nuragico quando Calameda — figlia del mitologico re Sardus Pater,
dio eponimo dei Sardi nuragici — giunta nella vallata del Temo, ne rimase affascinata e decise di fermarsi
e fondare una città che da lei avrebbe preso il nome.
Ma non è stata la prima: come ci raccontano le numerose grotticelle funerarie e le domus de janas giunte fino a noi,
il territorio di Bosa era già stato abitato in epoca preistorica e protostorica; sono presenti anche resti archeologici riconducibili
all’Età del Bronzo e alla civiltà nuragica nei pressi di Monte Furru e di S’Abba Druche,
nonché dello stanziamento fenicio-punico nella vallata di Messerchimbe.
In età Romana, quasi certamente durante la prima età imperiale, Bosa (che allora sorgeva sulla sponda sinistra del fiume, presso l’attuale chiesa di San Pietro extramuros) divenne un municipio dotato di un proprio ordine di decurioni e di un collegio di quattuorviri dotato di poteri giurisdizionali e funzioni di polizia. Grazie alla presenza del porto di Terridi, protetto dal maestrale dal monte di Sa Sea, il centro romano conobbe grande sviluppo e prosperità.
Siamo solo un episodio recente di una lunga storia,
cominciata oltre duemila anni fa.
Il periodo Medioevale
Il Medioevo di Bosa fu caratterizzato da un lato dal fiorire della cultura Bizantina e dall’altro dalle scorrerie di predoni
Arabi provenienti dal Nordafrica: tale piaga non le impedì di essere capoluogo della Curatoria di Planargia,
sede vescovile e, prima dell’Anno Mille, vide il completamento della cattedrale dedicata a San Pietro.
Tuttavia, con l’arrivo dei Malaspina intorno alla metà del 1200 e l’edificazione del castello ancora oggi ben visibile,
la popolazione iniziò gradualmente a spostarsi ai piedi della fortificazione sulla riva destra del fiume,
andando a creare quello che noi conosciamo come il quartiere medievale di Sa Costa.
Nel corso dei secoli il nucleo urbano della Calameda scomparì.
All’inizio del Trecento, i venti di guerra tra la potente famiglia dei Malaspina e gli Aragonesi iniziarono a spirare
con sempre maggior vigore: il 2 novembre 1308 Moruello, Corrado e Franceschino Malaspina cedettero il castello di Bosa
a Giacomo II di Aragona e alcuni anni dopo la struttura fu affidata a Pietro Ortis con il benestare degli iberici e del Giudicato di Arborea.
Per tutto il secolo la roccaforte fu al centro di arditi complotti e giochi di palazzo a causa della sua enorme importanza
strategica, passando di mano varie volte tra esponenti delle due potenze fino alla battaglia di Sanluri del 1409 che decretò il trionfo definitivo degli Aragonesi.
Nel 1328 Bosa entrò a far parte delle terre extra iudicatum dell’Arborea e, qualche decennio più tardi,
“l’alleanza” arborense-aragonese s’inclinò e Bosa passò prima sotto il controllo dei giudici d’Arborea:
Ugone III ed Eleonora d'Arborea e poi, dal primo decennio del 1400, sotto il diretto controllo della Corona d’Aragona.
Sotto il regno d'Aragona a Bosa funzionò anche una zecca, che emetteva monete destinate a una circolazione locale.

Il periodo fertile, il declino e la rinascita
Nel 1468, il castellano di Bosa Giovanni di Villamarí ottenne in feudo perpetuo la città e presto Bosa,
in virtù dei sempre maggiori privilegi commerciali, divenne ricca e prospera, tanto che il 30 settembre 1499
venne nominata città imperiale da Ferdinando il Cattolico.
Il declino iniziò però nel 1528 quando la foce del Temo venne ostruita (e con essa il porto) per evitare lo sbarco
dei francesi comandati da Andrea Doria.
La seconda metà del Cinquecento fu caratterizzata da grandi cambiamenti, anche culturali.
I cappuccini arrivarono durante il regno di Filippo III di Spagna (1598-1621) e fondarono diverse confraternite e gremi.
I primi anni del Seicento, però, furono funestati da epidemie di peste e violenti incendi, e non stupisce che durante il
regno di Carlo II di Spagna il feudo della Planargia era ormai spopolato e poverissimo.
Le cose migliorarono nel corso del Settecento quando Bosa, passata prima agli Asburgo d’Austria e poi ai Savoia
con il resto della Sardegna, recuperò via via una certa importanza.
Il 4 maggio 1807, per un decreto del re Vittorio Emanuele I,
Bosa divenne capoluogo di provincia, anche se nel 1848, in seguito all’abolizione delle province, fu inclusa nella divisione
amministrativa di Nuoro (quando, una decina di anni più tardi, le province furono ripristinate Bosa entrò a far parte della
Provincia di Sassari fino al 1927, anno in cui passò alla Provincia di Nuoro).
Nel corso dell’Ottocento la città conobbe un notevole ma lento incremento demografico. Sviluppò diverse attività artigianali (in particolare la concia delle pelli) e ammodernò le vecchie infrastrutture (creando, tra l’altro, un acquedotto e una buona rete fognaria). L’evoluzione, seppure in termini più modesti, continuò anche nel Novecento.

Barca a vela latina sul fiume Temo

La chiesa romanica di san Pietro extra muros

Donne realizzano il filet
Bosa oggi
Oggi Bosa è un'incantevole borgo storico dove tradizione e modernità si fondono e infondono curiosità e fascino.
È diventata un'importante centro turistico e una delle località balneari maggiormente richieste per le vacanze in Sardegna,
in perfetto equilibrio tra mare, fiume e terra, ricca di scorci tutti da scoprire.
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